Quanto “vale” un ciclista investito e ucciso ad Azzano per l’assicurazione?
29 Febbraio 2016
Patrizia Vettor e Andrea Milanesi a Sabato in
AZZANO. Sono passati quasi due anni dal tragico incidente costato la vita a Pierluigi Raffino Vettor, ma da allora i suoi familiari non solo non hanno ricevuto un euro di risarcimento, ma hanno subìto anche lo schiaffo morale di una proposta offensiva: neanche ventimila euro. A rivelarlo, il 27 febbraio, nel corso del programma di Rai Uno “Sabato in” condotto da Tiberio Timperi, la sorella Patrizia Vettor e il dottor Andrea Milanesi, Direttore Tecnico di Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui i familiari del deceduto si sono rivolti per ottenere giustizia e che sta seguendo la vicenda. La puntata affrontava, appunto, l’annosa questione della “Mala assicurazione” e il caso del cinquantenne friulano è stato portato come esempio emblematico delle ingiustizie di cui molto spesso le compagnie si macchiano nei confronti dei danneggiati o dei loro familiari, pur di fare i propri interessi e di rimpinguare i propri bilanci.
Pierluigi Raffino Vettor, che abitava a Fiume Veneto, il 18 aprile 2014 procedeva con la bicicletta in via Pedrina, nel comune di Azzano Decimo, quand’è stato tamponato e investito da un’auto che l’ha scaraventato a quaranta metri di distanza: un impatto tremendo che non gli ha lasciato scampo. E’ deceduto dopo quattro giorni di agonia, a soli 50 anni. Una dinamica chiara, le responsabilità della donna al volante dell’auto che l’ha travolto sono state accertate anche dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla Procura della Repubblica di Pordenone nel procedimento per omicidio colposo che vede imputata l’investitrice. Eppure, dopo quasi due anni “per mio fratello non abbiamo ottenuto alcun risarcimento dalla compagnia assicurativa della controparte (Groupama, ndr)- ha raccontato la sorella Patrizia –. Ci hanno fatto un’offerta che però è irrisoria e offensiva., neppure ventimila euro, e non c’è rimasto che procedere con la citazione in causa”.