Ricordando il Campo Profughi di via Pradamano: incontro
6 Febbraio 2019
Centro profughi di via Pradamano a Udine
UDINE. La parrocchia di San Pio X in collaborazione con l’Associazione Insieme con Noi, con il Gruppo Alpini di Udine Sud e patrocinato dal Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia organizza il Giorno del Ricordo per gli Esuli giuliano dalmati, venerdì 8 febbraio alle 20.30 nella sala parrocchiale della Chiesa di San Pio X Via Mistruzzi, 1 a Udine.
Interventi alla serata: Saluto di don Maurizio Michelutti, parroco di San Pio X, Saluto delle autorità presenti (sindaco, assessori, associazioni), Messaggio della dott.ssa Bruna Zuccolin, presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato Provinciale di Udine; Relazione del prof. Varutti, vice presidente Anvgd di Udine, su: “Centomila esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia in transito dal Centro profughi di Via Pradamano”; Dibattito con il pubblico, con esuli e discendenti presenti; ore 22.30 fine prevista dei lavori e brindisi con gli Alpini di Udine Sud.
Dal 1947 al 1960 il complesso ex Gil di via Pradamano 21 a Udine operava per accogliere i profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia, in fuga dalle violenze titine. Oggi è la scuola superiore di primo grado “Enrico Fermi”. È stato il più grosso Centro smistamento profughi d’Italia, secondo l’ingegnere Silvio Cattalini, esule da Zara e presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd) Comitato Provinciale di Udine, dal 1972 al 2017.
In via Pradamano sono passati più di centomila giuliani, istriani e dalmati e qualche balcanico in fuga dal comunismo. A Udine essi hanno trovato bene o male un alloggio e un po’ di solidarietà prima di proseguire verso altri Centri raccolta profughi su scala nazionale, oppure emigrando in Australia, Canada, USA e Brasile. La prima grande città italiana, dal confine iugoslavo, era Udine, dato che Trieste, fino al 1954, era occupata dagli Alleati, nell’effimero Territorio Libero di Trieste. Pochi conoscono il ruolo rivestito da Udine nell’accoglienza a tante famiglie di esuli obbligati, avendo optato per la cittadinanza italiana, a lasciare le loro terre e i loro beni. Anche la cifra di oltre centomila profughi giuliano dalmati transitati qui viene ricordata solo da qualche friulano.

Villaggio metallico a Udine nel 1952
Certo che il Campo, gestito dal Ministero degli Interni, non era un hotel di lusso. C’erano grandi camerate separate da divisori con vecchie coperte, letti a castello e bucati stesi. La cucina era merito delle brave cuoche istriane per la mensa comune con stoviglie di latta. Le famiglie si arrangiavano come potevano. Nel Campo profughi c’erano anche un medico, l’infermeria e la messa la domenica; vi partecipava anche la gente del quartiere, dato che la chiesa di San Pio X non esisteva ancora. Nel 1957 nel Campo profughi c’era persino il primo televisore!
Gli anni del dopoguerra erano duri per tutti, è inutile negarlo. Fino all’estate 1949 c’era ancora la tessera per il pane, la pasta e il sapone. Le spese erano molto attente: come ha scritto Renzo Valente, “a Pasqua si comperavano le scarpe e ogni cinque Natali il cappotto”. Alcuni udinesi, rimasti senza casa perché bombardata dagli angloamericani, dovevano accontentarsi di alloggi precari, come gli esuli. Venivano abitate pure le baracche di lamiera lasciate dagli inglesi nel cosiddetto Villaggio metallico di Paderno, in Via Monte Sei Busi. Poi sono arrivate le case Fanfani e quelle, appunto per i profughi “coi schei dei Americani”, del Villaggio giuliano di via Cormòr Alto.
«Alcuni particolari mi hanno veramente colpito nelle mie interviste – ricorda Varutti – come le morti atroci nelle foibe, le fughe rocambolesche (con barchette a remi o persino a nuoto!) dalle coste istriane, lettere di familiari scomparsi amorosamente conservate dagli discendenti. Come quell’ultimo biglietto per la moglie scritto col lapis dall’impiegato dell’acquedotto Francesco Mattini di Pinguente e consegnato al figlio Vittore che riuscì a eludere le guardie titine».
Iniziative culturali e patriottiche, come la commemorazione del Giorno del Ricordo, la presentazione di libri, mostre d’arte, rappresentazioni teatrali e, soprattutto, i viaggi d’istruzione nelle terre adriatiche di cultura italiana hanno reso l’Anvgd di Udine uno dei sodalizi più attivi della città. Tra i fiori all’occhiello della lunga gestione Cattalini, la ripresa dei contatti con i rimasti oltreconfine e le loro associazioni – come ha scritto Mario Blasoni sul Messaggero Veneto del 4 febbraio 2008 – c’è il ritorno dei primissimi turisti (Pasqua 1996) a Dubrovnik-Ragusa ancora segnata dalle ferite della guerra con la Serbia; la scoperta di nuove mete affascinanti alle Bocche del Cattaro (estate 2006) nel neo indipendente Montenegro. Molte gite interessanti si sono svolte anche nel 2017-2018, con la nuova presidente Bruna Zuccolin. I soci Anvgd hanno visitato, tra le altre, Parenzo, Pirano, Zagabria, Zara, Antignana e Cilli.