Il colore dei diamanti: un nuovo libro di G.E.F. Carbone

14 Giugno 2017

UDINE. E’ uscito nelle librerie Il colore dei diamanti, nuova fatica letteraria di G.E.F. (cioè Giuseppe Ettore Fiorenzo) Carbone, siciliano di origine e friulano d’adozione, già medico chirurgo e ora scrittore per passione, con alle spalle diversi titoli. Carbone è nato nel 1950 a Maniace, un piccolo paese della Sicilia arroccato sui monti Nebrodi. Medico specializzato in neurochirurgia, da alcuni anni si dedica alla narrativa. Il suo primo romanzo, intitolato “Connecting (Il fattore amore)” è stato pubblicato da Corvino Editore nel 2015. La seconda di cinque storie scritte fra il 2012 e il 2015, “Il colore dei diamanti”, è pubblicata dalla casa editrice Nulla die. Attualmente sta lavorando al suo sesto romanzo. In tutti i suoi lavori esistono sempre una cornice e un filo conduttore storici o scientifici, che supportano la vicenda di fantasia. Si tratta di avventure ricche di personaggi molto diversi tra loro, e talora decisamente strani, che ruotano intorno a una storia d’amore.

…Enormi stalattiti di ghiaccio pendevano dal soffitto e alcune si erano fuse con le stalagmiti a formare delle colonne trasparenti, che rifrangevano la luce, creando piccoli arcobaleni fluttuanti nel vuoto. Ma l’oggetto che Barentsz aveva notato ai piedi di uno di quei pilastri e che rimandava riflessi multicolori non era certo acqua congelata… Inverno 1597. Durante l’ennesimo tentativo di trovare il “passaggio a nord est”, la via artica per il favoloso Catai, l’esploratore e cartografo olandese Willem Barentsz naufraga nei pressi dell’estremità settentrionale della Nuova Zemlia e fa un’incredibile scoperta, che secoli dopo segnerà i destini di molti uomini e donne…

“Il primo abbozzo de Il colore dei diamanti – spiega l’autore – risale al periodo in cui, dopo essere andato in pensione (fino ad allora avevo sempre lavorato come chirurgo ospedaliero), ho esercitato per qualche mese come unico medico di famiglia del paese, nel piccolo, bellissimo borgo di Sauris, sulle montagne della mia amata Carnia. La mia confidenza con la lingua tedesca e il mio ottimo friulano hanno contribuito senza dubbio a creare il rapporto di amicizia che conservo ancora oggi con gli abitanti di quel luogo ameno e silenzioso, ricco di poesia intraducibile in versi.

Nelle serate di novembre, quelle in cui l’inverno inviava le sue avanguardie in forma di neve che ricopriva i tetti delle case con il primo strato bianco della stagione, mi sono ritrovato a pensare alle fredde lande del nord e ai coraggiosi esploratori di un’altra epoca. Quelli come Willhelm Barentsz. Mi sono tornate in mente alcune immagini dei miei viaggi in Norvegia e la mia escursione nelle isole Svalbard, dove viveva una piccola comunità di profughi russi. Allora la conoscenza della bellezza dell’Artico europeo si arrestava, per me e per tutti gli altri appassionati di quei luoghi estremi, sul confine con il territorio sovietico. In seguito alla caduta del muro di Berlino molte cose sono cambiate, ma la possibilità di raggiungere la costa russa che si affaccia sull’oceano Artico e la Nuova Zemlja non è mai diventata concreta, per diversi motivi, compresi quelli ai quali accenno nel mio romanzo”.

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