Albania casa mia: una patria perduta, una nuova (al Verdi)

6 Novembre 2018

PORDENONE. Le nuove scritture per la scena ci proiettano nell’attualità, incrociando la storia dell’umanità con tante piccole grandi storie di uomini e donne del nostro tempo. Aleksandros Memetaj, classe 1991, è nato mentre il regime albanese stava collassando, quando la sua vita lo traghettava dai Balcani alla pianura padana, in Veneto. Oggi ha tradotto in racconto scenico la storia della sua famiglia attraverso “Albania casa mia”, la produzione Argot che approda al Teatro Verdi di Pordenone mercoledì 7 novembre, alle 20.45 (lo spettacolo si terrà sul palcoscenico del Teatro) in esclusiva regionale nell’ambito del progetto Nuove scritture. Biglietti disponibili anche online con accesso al sito del Teatro www.comunalegiuseppeverdi.it e in Biglietteria dalle 16 alle 19 tel. 0434.247624.

Aleksandros Memetaj

Sempre mercoledì alle 9.15, con il sostegno di BCC pordenonese e della Regione, lo spettacolo sarà proposto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado nell’ambito del progetto Educational, attore e giovani spettatori si incontreranno prima e dopo lo spettacolo e saranno insieme sul palcoscenico del Teatro per una messa in scena che si preannuncia carica di emozione. Aleksandros Memetaj poi aprirà un confronto a fine spettacolo.

Allestito con la regia di Giampiero Rappa, premiato nel 2016 al Museo Cervi – Teatro per la Memoria e al Festival Avanguardie 20 30 – Bologna, “Albania casa mia” diverte e commuove, seguendo un duplice filo rosso: quello di un figlio che crescerà lontano dalla terra natia, e quello di un padre costretto ad affrontare rischi e sacrifici per garantire al bambino un futuro adeguato, in un altro Paese. Lo spettacolo è nato dall’incontro fra Giampiero Rappa – regista e drammaturgo, classe 1973, pluripremiato con testi tradotti in in inglese, francese, tedesco, russo e spagnolo e produzioni internazionali all’attivo – e il giovane autore e attore Aleksandros Memetaj: un monologo che non voleva diventare uno spettacolo di denuncia sociale, ma il racconto della ricerca di una nuova e complessa identità, generato dal rapporto così forte e speciale fra padre e figlio. Un’alchimia capace di rendere questa storia universale.

Intensa la prova d’attore di Aleksandros Memetaj, la cui voce si divide, per tutto lo spettacolo, in quella del padre e del figlio, protagonisti dello stesso viaggio ma in direzioni opposte. Quasi a riflettere il disorientamento di un uomo intrappolato fra il desiderio della fuga e quello del ritorno, perennemente in quel “mezzo” che appare come “non luogo”, sospeso fra due mondi che attraggono e respingono. L’allestimento scenografico e la regia di Giampiero Rappa creano un contesto che evidenzia, con stile essenziale e semplice, l’isolamento del protagonista: il corpo dell’attore svetta al centro di un tappeto dove è tracciata con il gesso la sagoma della terra d’origine. Aleksandros recita in dialetto padovano, in italiano e in albanese, materializzando i ricordi di persone, luoghi, sapori e odori conosciuti durante il viaggio.

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