Immigrant Song, tra teatro e musica con Lucia Zaghet

25 Febbraio 2016

PORDENONE. Prima nazionale all’Auditorium Concordia di Pordenone venerdì 26 febbraio alle 21 (con replica il giorno successivo 27 febbraio alla stessa ora): Lucia Zaghet, ripresasi dai postumi di un incidente che l’aveva costretta a rinviare il debutto, porterà sul palco, con la regia di Ferruccio Merisi, “Immigrant Song”, racconto tra teatro e musica delle migrazioni e dei migranti con uno stretto collegamento all’attualità (produzione della Scuola Sperimentale dell’Attore). L’opera è proposta all’interno della rassegna FrescoteatroSocial Concordia intitolata quest’anno “Testimoni (Cinque pezzi…difficili)” e organizzata da Scuola Sperimentale dell’Attore, EtaBeta Teatro e Coordinamento Operatori Teatrali Pordenone, con la collaborazione di Ortoteatro e di Molino Rosenkranz e il sostegno della Provincia di Pordenone e il patrocinio del Comune di Pordenone. Inoltre sarà ricordata la Giornata mondiale della Commedia dell’arte del 25 febbraio, alla quale idealmente lo spettacolo si lega.

Lucia Zaghet

Lucia Zaghet

“Lo spettacolo – ha dichiarato Merisi, che è anche autore dei testi – prende il titolo dal famoso brano dei Led Zeppelin, che parla delle conquiste dei Vichinghi nelle terre dell’Occidente arrivando dal mare. Ma noi ribaltiamo il concetto: chi arriva dal mare ora nel mare muore, c’è una non-conquista dell’Occidente il quale, forse, sta morendo anch’esso”. Nell’opera si parlerà, in un tessuto teatrale che unisce Europa e Africa al resto del mondo, anche di Thomas Sankara, fondatore del moderno Burkina Faso. Cercò una via di sviluppo per il proprio Paese (l’ex colonia francese dell’Alto Volta, nome che, una volta divenuto presidente, cambiò in Burkina Faso che significa terra degli uomini integri) puntando su riforme sanitarie, scolastiche e di tutela dell’ambiente, mettendo all’indice i privilegi di politici e militari e polemizzando con i Paesi occidentali, finché non fu assassinato nel 1987.

“Non è esattamente un monologo – ha aggiunto Merisi -, poiché le parole non sono molte, intrecciate con azioni coreografiche e simboliche che fanno pensare più a una ritualità che a un racconto. Un Pulcinella cantastorie che ci regala, con tanto di mandolino, una favola di José Saramago sulla (impossibile) fine del mondo, evoca la presenza di un migrante della attualità, che a sua volta chiama sulla scena la figura di Thomas Sankara, il carismatico leader rivoluzionario del Burkina Faso “eliminato” nel 1987. La meditazione offerta alla condivisione del pubblico è quella della possibile autosufficienza dell’Africa e del rischio che, senza opportuni cambiamenti di rotta su questo e altri temi, l’estinzione dell’uomo renda veramente la Terra, come nel famoso film, un pianeta delle scimmie…”. Come detto c’è uno stretto legame con la commedia dell’arte. “Un’occasione in cui – ha concluso Merisi – con questo Pulcinella interpretato da Zaghet, la Scuola Sperimentale dell’Attore e l’ Arlecchino Errante confermano la dedizione a un’idea e a una presenza della Maschera in chiave universale e contemporanea, oltre che, si direbbe, “civile” in senso profondo, archetipico e psicologico”.

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